30 novembre 2007

di come ligabue portò le mie amiche a roma.


le foto di quella sera sono scure, mosse e ai miei occhi bellissime.
ne avevamo bisogno, tutte. io e arianna. io e laura. io e diletta. per motivi diversi era importante, oserei dire necessario, averle lì con me.
avevo bisogno di ricordarmi che una di loro è in fondo la stessa di sei anni fa; cruciverba, risate sguaiate, pensieri come piroette nell'aria. quella testardaggine mista a ottimismo che la porta a sostare per un'ora e mezzo al freddo davanti a un container a trastevere, con l'unico scopo di avere tra le mani una cosa banalissima ma da sola capace di decretare la riuscita della sua serata. ultimamente sta persino uscendo con lo stesso ragazzo di sei anni fa. mi insulta e mi coccola con la solita disarmante naturalezza, è incredibile come si prenda cura di me senza perdersi in smancerie fisiche o emotive. mi ricordo pochissimi abbracci tra noi, le dichiarazioni d'affetto sono più che altro fulmini in un cielo di discorsi e risate. devi stare attento per coglierle e a me va bene così, perchè lei è ciò che si avvicina di più al concetto di sorella. le sorelle, come tutti i membri di una famiglia, non si scelgono; qualcuno o qualcos'altro si prende la briga di unire due persone in un legame impossibile da recidere. fa parte della mia famiglia; capita che la odi, capita di non capirla, ma qualcosa mi riporterà inevitabilmente ad aprirle il mio cuore davanti a un tè o a un irish coffè o a una cena esoterica.

a un'altra avevo bisogno di mostrare dove vado quando di domenica sera dico "domani ho il treno alle settemenocinque". l'ho osservata muoversi in posti diversi da quelli che conosce a memoria e l'ho presa in giro quando si è fatta salire l'ansia. siamo a roma, la città in cui proprio non puoi permetterti di essere ansioso, la città dei ritardi dei contrattempi e del caos diffuso. dovevo sottoporre al suo sguardo analitico la mia nuova casa, nella speranza di scorgere un assenso dentro uno dei suoi interminabili silenzi meditativi. la sua approvazione è stata chiara alle otto di mattina di martedì, quando mezz'ora prima di partire si è messa a lavare le stoviglie della sera prima perchè ci mancherebbe, sono stata così bene che ti pulirei tutta la casa.

infine con lei è stato facile e difficile contemporaneamente. quello che hai costruito da molto piccola, in contesti di forte aggregazione, ti rimane appiccicato addosso tutta la vita; ti rimane la familiarità col camminare e il campeggiare, ti rimangono le persone con cui hai camminato e campeggiato. l'inconveniente sta in tutto quello che c'è stato in mezzo, nell'abisso e l'assenza di legame tangibile che ti lega a quelle esperienze e a quei rapporti. suppongo sia qui che entra in gioco l'empatia, la capacità di incastrarsi, ma più di tutto la voglia di scoprirsi nuove riscoprendosi sotto sotto uguali a prima. ci siamo dette mi sei mancata con la consapevolezza non troppo amara che ci mancheremo ancora e che continueranno a esserci momenti di disarmante complicità mista a tenerezza, quando meno ce lo aspettiamo.



i casi della vita, comunque. mai avrei pensato che un giorno sarei stata riconoscente a ligabue, tocca ricredersi.

23 novembre 2007

poi ci sono stati the national, una giornata in casa davanti al fuoco, un ritorno piovoso e un'operazione.

addio dente del giudizio inferiore destro, ben arrivato dolore insostenibile.

coi sensi annuvolati dagli antidolorifici mi accoccolo sulla sedia blu dello studio, c'è radio lifegate in streaming e quasi mi sembra di essere in uno dei nostri tragitti in macchina in cui mi lamento di non poter sapere chi è l'autore della strepitosa canzone in onda. la prima notte è stata senza sonno, a un certo punto sono andata dai miei coi nervi a fior di pelle e ho pianto come una disperata davanti al viso assonnato di mia madre. come quando ero piccola papà si è alzato stropicciandosi gli occhi e mi ha lasciato posto per dormire nel lettone, senza svegliarsi effettivamente. il medico giudizioso che mi ritrovo come genitrice mi ha preparato una nuova borsa per il ghiaccio e proibito nuovi antidolorifici, poi come quando ero piccola mi ha detto "prova a stare calma ora" e ha iniziato a carezzarmi pianissimo la testa, ascoltando i miei lamenti striduli. si è addormentata in pochi minuti riempiendo la stanza del suo russio così familiare; come quando ero piccola ho iniziato lentamente a trovare sollievo grazie al calore del suo corpo e al ritmo del suo respiro. molto più di quando ero piccola ho sentito che la donna che mi dormiva accanto è tutto ciò ho di certo. è in tutto ciò che so. è una parte di tutto ciò che sono. una tale consapevolezza risalta con estrema chiarezza ora che la maggior parte del tempo città intere ci dividono e le nostre vite convergono solo in occasione di brevi telefonate alla fine della giornata.
è un legame che vive di un equilibrio precario: spaventa e contemporaneamente riempie di coraggio. anche nel commettere errori.

c'è che esiste un porto sicuro a prescindere dalle rispostacce random, dalle differenze abissali e dalle costanti incomprensioni. a prescindere dalla sua scorza impenetrabile di donna del sud e dalla mia speculare mancanza di limiti in qualsiasi tipo di manifestazione.
esiste a prescindere dallo spazio.

vale tanto, e vorrei non dimenticarmene così spesso.
facciamo così: questo post vale come promemoria, per tutte le volte che la vorrò strozzare.

19 novembre 2007

when I watch you I'm proud.


in una domenica solitaria, di studio rimandato e telefonate, qualsiasi cosa mi sconvolge. coi sensi completamente all'erta mi ritrovo senza difese, non posso fare a meno di abbandonarmi a questo stato di iperemotività per cui ispiegabilmente ho le lacrime agli occhi anche mentre leggo il capitolo sulla sintassi.
so perchè va così, oggi.
ho la testa, il cuore, gli occhi a ieri. ieri ho visto il mio concerto più bello; il più sconvolgente, intenso e profondo.
conosco gli okkervil river da un anno e mezzo circa. last.fm me li aveva consigliati per una decina di settimane di seguito, così mi ero appuntata questo nome sconosciuto a matita sul quaderno di schemi per l'esame di economia politica. simone aveva letto per sbaglio lo scarabocchio e mi aveva mandato un po' di canzoni, ascoltate senza attenzione un paio di volte e lasciate perdere. a glow, for real, black.
un giovedì serà come infiniti altri c'è stato un treno roma-ancona dove black è riemersa dalla riproduzione casuale, gridandomi in cuffia fino alla stazione tutta la sua disperazione, la sua energia dirompente. dopo qualche settimana un fenomeno che non potrei far altro che definire colpo di culo megagalattico ha fatto sì che potessi assistere a un loro concerto un paio di settimane dopo aver iniziato ad amarli; di solito sono quella del "scopro un gruppo il giorno la loro unica data in italia". è passato un anno e in mezzo c'è stato un nuovo album, passeggiate per una roma sotto la pioggia in cui black sheep boy sembra l'unica colonna sonora adatta e i lunghi tragitti in macchina con simone a cantare black con lo stesso stupore della prima volta. c'è che di black non mi sono mai stancata, e anche questa per me è una rarità. entriamo nel locale contenti di rivederli e riascoltarli dal vivo, ma non c'è traccia della mia solita tensione pre-concerto. nessuno dei due ha grandi aspettative, la sensazione è più o meno quella di una rimpatriata tra vecchi amici. non pensavamo di uscire nel freddo di roma due ore dopo e abbandonarci ad un unanime: "sono il mio gruppo preferito". la voce di will sheff non è intonata pulita o lineare; è sguaiata, scomposta e non ha paura. c'è una passione tangibile in lui, in tutti gli okkervil river, ed è qualcosa che mi incanta infinitamente più della loro bravura.
"we'll play rock'n'roll in the american way" e le persone intorno a me si lasciano accompagnare in un mondo dove parole e note si mescolano fino a fondersi, le parole sono musica e le note raccontano storie. vorrei fotografarle dalla prima all'ultima mentre cantano dondolano e battono le mani, invece chiudo gli occhi e mi faccio tenere per mano anch'io.
nei pochi secondi in cui un blackout ha fatto cadere nel buio li circolo degli artisti ho pensato "ecco, è troppo, nemmeno i sistema elettrico ha retto"
poi ho guardato il palco e will non aveva smesso di suonare la chitarra in mezzo a tutta quella confusione, e ho smesso di pensare
dopo il buio è sceso il silenzio non appena lui ha iniziato a cantare senza microfono, mentre il resto del gruppo seduto sorrideva annuiva e teneva il tempo, e non ho avuto bisogno di riprendere a pensare per capire come mai amo la musica.

15 novembre 2007

meraviglie.




“e comunque io non sono meravigliosa. "

lo so, so che sei sincera quando lo scrivi su msn. lo so e ne ho la conferma quando ti osservo svilire con distacco qualsiasi cosa tu sia e faccia, fatta eccezione per le tue imprese culinarie. quando ricevi un complimento abbassi gli occhi, li distogli da me da lunni o da giulia, lasci che si posino su un punto lontano e aspetti che si cambi discorso. a volte in silenzio, a volte proferendo un buffo borbottio a rimarcare il tuo totale scetticismo. non per falsa modestia tu non ti credi nè bella nè capace nè interessante, non per atteggiarti, nè perchè gli altri insistano a ripeterti quanto valore e unicità ci sia in te. la tua trasparenza per me è meraviglia, il tuo borbottio e gli occhi scuri che proprio non sanno dove andare.

tu ang, che in te non vedi nulla di bello, trovi così tanta bellezza intorno a te. in bologna, la tua città, la città da cui ti lasci abbracciare più di quanto tu permetta a un paio di braccia umane - "a bologna la sera il cielo è sempre viola, questo dovresti fotografare!". nella famiglia - dalle zie ai gatti- perchè ieri dopo aver parlato con tua mamma la tua voce era meravigliosamente euforica e perchè quando racconti di tuo cugino ogni parola su di lui è una parola d'amore. nei tuoi amici, quelli con cui sei sarcastica logorroica e riottosa, ma a cui in definitiva non negherai mai te stessa. i tuoi occhi spalancati sul mondo per me sono meraviglia, il tuo non risparmiarti quando arrivi a credere in qualcuno e se arriva l'epilogo la tua incapacità di pentirti o rinnegare.

per te non si tratta mai solo di passione, si tratta di vita. le righe di un libro ti si stampano nel cuore, ti immedesimi fino a soffrire nella scena di un film, e hai paura che riascoltando una canzone rivivrai sotto la pelle la persona a cui l'associ. se fossi una cantante, una regista o una scrittrice non potrei immaginare di meglio. niente di tutto questo è oro colato, anche se la tua gelosia nei confronti di ciò che ami può di primo acchito passare per arroganza o superbia; io, perlomeno, l'ho capito. che la nostra prima volta al covo fosse insieme per me è stata meraviglia, sentirti parlare di scritto sul corpo e ascoltare i discorsi appassionati con lunni su quello che per me fino a pochi secondi prima era un banalissimo manga.

a volte sei da prendere a calci quando ti nascondi dietro il ciuffo nero come il tuo umore e senza diplomazia ti esprimi solo con brevissime frasi caustiche. un vero gatto, di quelli che hai paura che al primo tocco ti soffino addosso per poi scappare via in un lampo. osservo quel gatto e provo a capirlo senza parlare, sperando che da un momento all'altro si avvicini e faccia un po' di fusa. le fusa migliori, perchè inaspettate; ti lasciano spiazzato, sbalordito, felice. ho ancora davanti agli occhi il viso di giulia che sbuca dalla porta dopo aver finalmente ottenuto l'abbraccio forte che ti chiede ogni giorno. il tuo non venire a patti con te stessa per me è meraviglia, riconosci i tuoi limiti e ci combatti riconoscendoli in ogni caso come parte di te.

il tuo cogliere e ricordare citazioni dai posti più impensati è meraviglia. la tua felpa di snoopy è meraviglia. i consigli sinceri che mi dai quando mi provo un abito sono meraviglia, che senza il tuo appoggio non avrei mai avuto il coraggio di comprare quel vestito bianco. le tue mani che aprono impazienti un pacchetto di blackstones alla vaniglia sono meraviglia, ed è meraviglia il fatto che tu abbia voluto condividere quel momento con me. la sacralità del caffè è meraviglia. il fatto che io ti senta un po' come la mia christina è meraviglia.

già ti immagino mentre leggi questa piccola ode a te, (mal) scritta di getto e probabilmente troppo melensa. ti immagino a pensare quanto poco io sia obbiettiva e a chiederti come abbia fatto in quattro giorni a sopportarti, addirittura vedendo tutto questo in te.
dovresti seriamente prendere in considerazione l'idea di essere così speciale ai miei occhi. in realtà di più, molto più di quanto si possa scrivere su un misero blog verde e viola.
alla prossima, sì.

5 novembre 2007

merry-go-round.

novembre si sta rivelando il mese intenso e precipitoso che aspettavo, sembra la giostra che a montmartre non riuscivo a smettere di guardare
ele sai come si dice giostra in inglese? merry-go-round, non pensi sia bellissimo?
una giostra lucente e colorata, veloce a volte troppo veloce e io voglio subito un altro giro.

a roma lunedì scorso (una settimana? mi sembra una vita e mezzo) non ho fatto altro che correre, sudando fatica e fretta, cercando di farmi spazio in quella città sporca e ingrata. eppure così viva. penso che non ho fatto l'erasmus come eleonora, non ho cambiato per sei mesi aria vita e nazione, addirittura continente, e che ho deciso di giocarmi quest'anno in questa vita. parlo della mia vita, la vita strappata e consumata che ho già, che averne una nuova ora non serve a nulla. ho preferito sporcarmi le mani nei problemi e affrontare le grosse imperfezioni di ciò che ho costruito. è stato lo stesso motivo per cui non mi sono trasferita a bologna per l'ultimo anno della triennale; a bologna ci vado lo stesso, però a passare dei giorni con un'amica, rimando espatri e trasferimenti al momento in cui questi non saranno un fuga. so che avranno tutto un altro senso, tutto un altro sapore. a quel punto avrò bologna, dublino, avrò il mondo se voglio.
penso che hai ragione, dobbiamo crescere e stare sempre meglio insieme e da soli, hai ragione. la chiave non sta nei viaggi, nei film e nei concerti visti il più possibile e subito annotati in bella vista.

la chiave è in ciò che ho provato camminando per viale marconi con cristina, imparando a conoscerla e a farmi conoscere un passettino alla volta.
in tutto ciò che di parigi e delle persone che erano con me non riuscirò mai a raccontare.
nel calore di un nostro abbraccio davanti al fuoco, ieri sera.

voglio un altro giro.


1 novembre 2007

parisian skies.

io sono a parigi, da loro.
la mia compagna di banco del liceo, altre cinque ragazze, e fuori da questo appartamento nel cuore di parigi tutta una città che respira.
qui anche io respiro, e per un po' lo faccio senza accorgermene.

per un po' mi basta.