29 gennaio 2008

Mornings evenings afternoons .


And now I spend my each day busy
Jumping on the monkey show
Jumping on the monkey show
Searching for a face I know

And I just walk for hours down the red-brick march of market street
Of market street
I spend my each days in repeat

28 gennaio 2008

riflessioni estemporanee, assolutamente estemporanee.

ho ultimato il mio lavoro per il corso di editoria musicale, oggi pomeriggio.
nasceva come lavoro di gruppo, ma lo definisco mio. mio, non nostro.
in effetti, a parte qualche piccolo elemento qua e là, è tutta farina del mio sacco. ho fatto copertina, indice, introduzione, ho scelto le immagini e le ho sistemate con attenzione, ho deciso i titoli e corretto le parti che non mi spettavano, ho elaborato la mia relazione e l'ho messa in fondo. prima della bibliografia. ovviamento ho fatto anche quella.
non è la prima volta che succede.
si parte dividendosi i compiti, dandosi appuntamenti e stabilendo scadenze. insieme.
si finisce passando la domenica dentro a casa rileggere, cambiare, aggiustare. da sola, se si esclude la presenza di un fidanzato estremamente paziente.
potrei dire che sono individualista, potrei dire che sono pignola, che punto al massimo. potrei dire che gli altri sono oppurtunisti e sostanzialmente incapaci. sarebbe vero. ma non è questo il punto.
non che io sappia qual è il punto, ma sicuramente non si tratta di questo.
mi chiedo perchè trovo inconcepibile l'idea un lavoro che, proprio in virtù del suo essere "di gruppo", comprenda al suo interno apporti da tutti i partecipanti. non è lecito - e giusto - fregarsene se questi apporti non sono pertinenti, se non sembrano neanche scritti in italiano?
ennò. devo arrivare io, la supereroina della situazione, con la penna rossa e la risposta giusta. taglio, copio, incollo come una scheggia impazzita. sono saccente e presuntuosa, lo so, e oso addirittura lamentarmi del fatto che gli altri scarichino tutto il peso su di me.
il punto, forse è questo il punto, è che non riesco ad accettare di lasciar spazio all'errore altrui. il punto è che preferisco buttare tutto sulle mie spalle, così che alla fine sarà solo con me stessa che potrò prendermela. per la stanchezza, per il tempo buttato, per un eventuale fallimento.
gli altri, ancora una volta e immancabilmente, chiusi fuori.

e per fortuna che mi capita solo coi lavori di gruppo, eh.
sennò sai che casino.

24 gennaio 2008

I count my thoughts with coffee spoons.

la casa è calda.
ognuna in una stanza, ci colleghiamo come possiamo al mondo fuori e a noi stesse. cinque minuti e andrò in sala da teodora, anche se prima ballava alla caduta del governo.
una decisione è stata presa, una soltanto, molto piccola. da una piccola decisione sono scaturite giornate di sole distese ma piene, in cui la sera allungo le gambe sotto le coperte con una smorfa esausta e contenta.
sembrerà stupido, infantile, inutilmente melenso ma io ieri non guardavo il film, non mi interessava altro che di essere circondata dalle risate che in questi mesi mi hanno colorato la vita.

non vedo mia madre da un mese. mi manca andarla all'improvviso ad abbracciare mentre legge il giornale sul letto. così come mi manca stringermi a papà sul motorino, e condividere piccoli momenti di intimità con andrea. mi manca persino federico. oggi vedendo l'ultima puntata della serie di lost ho pianto come una bambina perchè mi è venuto il mio cane.
sono a tre ore da loro, mica dall'altra parte del mondo.
non va tutto bene, non è facile, non sono sempre convinta di volerlo, eppure mi vedo crescere. lentamente, silenziosamente, e mi basta.
è qui il mio posto, qualunque cosa questo voglia dire.

22 gennaio 2008

Leave me lying where I fell, rivers running out of me.



il 6 marzo, qui.
penso proprio che andrò.

20 gennaio 2008

L'albero familiare.

"Sono uscita con Diego e Ale, solo noi tre come non succedeva dal liceo, e ci ho scoperti più maturi, più saggi e simili. Me lo ero dimenticato in questi anni. Una sensazione familiare e nuova insieme di calore, affetto, timore per l'ignoto. Ci stiamo espandendo per il mondo. Non sappiamo niente del nostro futuro se non quello che ne vorremmo costruire. Se effettivamente i nostri rapporti sono come una partita a shangai, dove ogni stecchino potrebbe sconvolgere un intero equilibrio, perchè ci ostiniamo a cambiare posto ai pezzi? Perchè il SOLITO ci diventa stretto? Rimpiangiamo il passato e continuiamo a cambiare. Cerchiamo incessantemente qualcosa. E poi, ad un tratto, quando ormai nemmeno ci pensi più, eccolo lì l'albero familiare in quel sentiero che pensavi aver perduto per sempre. Eccolo lì il posto in cui vi siete fermati, per un momento tutti insieme, e avete sperato durasse per sempre."

diego ora non è a forlì a tradurre lo spagnolo, fare feste, incasinarsi il cuore. è a madrid a tradurre spagnolo, fare feste, incasinarsi ancora di più il cuore.
eleonora ora non è ad ancona, sta riempiendo parigi della sua risata contagiosa.
dopo tre anni sono io quella più vicina a casa. a quella che abbiamo chiamato casa fino a non troppi mesi fa, e che ora non sembra nient'altro che un insignificante toponimo attaccato malamente alla cartina. se fossero qui direi loro che mi manca l'aria del giorno di natale, quando al loro fianco mi sono sdraiata all'ombra di un albero familiare.
risucchiata da un vortice di decisioni sulla mia vita, su come gestirla, su come impostarla,
se dire qualità o quantità
se vivere nella fiducia o nella diffidenza
se dare sincerità tagliente o bugie che sono comode, soprattutto per me che ho voglia di scagliarle mirando bene
se inseguire il bianco latteo dell'ideale o i colori cangianti del reale
se correre fino a crollare o fermarmi per prendere un po' di respiro
(e accettarne le conseguenze)
costringo la mia testa a riposarsi nel ricordo della sera di natale.
noi tre, ad ascoltare a vicenda il rumore di un cuore che si apriva. fregandocene del male che ci siamo fatti, fregandocene se un altro momento del genere si sarebbe verificato di nuovo, fregandocene
di conseguenze significati e implicazioni.
sotto l'albero, appartenere a qualcosa, qualcuno, e sperare duri per sempre.

14 gennaio 2008

modalità provvisoria.

il mio computer è in modalità provvisoria, quella modalità in cui sono caricati esclusivamente i componenti necessari all’esecuzione del sistema operativo. grafica semplicissima, risoluzione bassa; mica tanto bello da vedere, ma almeno funziona. lo tengo così perchè in modalità normale mi fa uno scherzo: parte come se niente fosse e dopo un paio di minuti si blocca completamente. il programma non risponde, il programma non risponde,
il programma non risponde.
ho cercato virus ovunque, ho fatto test e scansioni, ma non trovo niente che spieghi quest'improvviso atteggiamento indolente.
poi oggi chiacchierando ho affermato tra l'ilarità generale che il computer è solidale con la proprietaria
(ti ricordi quela volta che non voleva accendersi? quella mattina anche io ero spenta, ad oltranza)
perchè anche io sono senza forza questi giorni. anche io rispondo solo in modalità provvisoria. non sono un gran bel vedere, nè sentire, ma va così: per non bloccarmi completamente davanti all'impegno cognitivo richiesto da queste giornate, devo caricare lo solo i programmi base. e sperare che almeno quelli, anche se lentamente, proseguano.

uno di questi giorni il mio computer impazzirà completamente. se succedesse, sapete perchè.

12 gennaio 2008

I'm in control and I believe.

"due tenere divertenti e divertite amichette sperdute per la metropoli."

oggi dopo giorni ho pensato che posso farcela.
ricorda, alessandra: mai sottovalutare il potere delle piccole conquiste.

10 gennaio 2008

un tempo la solitudine mi calzava a pennello. non ci sono cazzi che tengano: nei momenti duri le superdonne fanno quello che c'è da fare, e nei loro piccoli supergusci fanno le loro superimprese titaniche. è così, dentro o fuori, non c'è scelta.
in questi cinque giorni c'è stato più che mai il desiderio di sentire una risata esplodere dalla cucina, di un parola che mi tirasse su dall'abisso di libri e scadenze. appena ho avvertito chiaramente questo bisogno ho pensato di essere davvero una persona debole. debole non riuscire a farcela per conto mio, debole e vergognoso.
poi è arrivata e nel giro di ventiquattr'ore ho riso, pianto, mi sono arrabbiata e sfogata, ho parlato di almeno quarantadue argomenti diversi e ho mangiato in un ottimo ristorante cinese. soprattutto non mi sono più sentita debole. ho trovato la forza che mancava nei suoi gesti sinceri, nella sua risata squillante e un po' oca, in tutto quel nonsochè indecifrabile che simone una volta ha definito fresco. è vero, è arrivata una folata d'aria fresca dentro casa ed è stato un toccasana.
mi rendo conto che quello che può rendermi una persona forte, ora, è la capacità di amalgamarmi alle persone, accantonando il timore martellante della perdita - degli altri ma soprattutto di una parte di me stessa. perchè sono stata sola tanto tempo e, per quanto questo mi facesse sentire autosufficiente e moltomolto figa, non lo cambierei con i piccoli disastri di oggi. l'ineccepibile puntualità che avevo nei miei confronti non la baratterei con l'attesa febbrile che vivo oggi aspettando quell'abbraccio o quella risata. non so se arriverà, non so quando, ma io aspetto ed è questo che fa la differenza. rinuncio consapevolmente alla precisione e all'efficienza, alla fruttuosità e alla determinazione e decido di costruire qualcosa secondo un progetto molto più ambizioso, ed estremamente più rischioso. vivere a roma da questo punto di vista è una palestra infinita; ti permette e ti costringe a scontrarti con le realtà più diverse, mutevoli e imperfette. ti impedisce di chiuderti a guscio; se vuoi viverla devi metteri in gioco e aspettarti che non andrà sempre come ti aspetti. roma dice: butta via i progetti di automiglioramento - l'automiglioramento è masturbazione - e fatti travolgere. ognuno risponde come può, come sa.

inoltre, pensierino finale che nel tema faceva tanto bella figura: pensare di potercela davvero fare per conto mio è inutile, oltre che presuntuoso. ho da imparare da chi mi è vicino molto più di quando potrò mai apprendere dai cinque esami rimanenti per questa sessione
(meno uno!)
.

5 gennaio 2008


ho bisogno di essere calma, questi giorni. zen. imperturbabile. stoica.
ci vorrà tutto l'impegno di cui sono capace; in realtà ci vorrebbe molto di più per far andare lisci questi due mesi. più intelligenza, più concentrazione, più senso del dovere ma, siamo seri, io non sono un genio e il-meglio-che-posso-fare è già una buona prospettiva.
è difficile dare il massimo. quando sai che in quel momento più che in altri dovi raccogliere tutto ciò che di buono possiedi, ecco che proprio in quel momento più che in altri fà capolino la tentazione di arrendersi. con me almeno funziona così.
varcato il portone del mio palazzo romano ho guardato in alto e visto i tre piani che portano all'interno 10 incombere su di me. il cappotto zuppo, la mani congelate, un'enorme valigia carica degli ultimi venti giorni..e basta. qui non c'è l'ascensore.
ho fatto fisicamente quello che faccio metaforicamente ora, che sono dentro casa e scrivo prima di iniziare a cucinare: ho fatto un bel respiro - grande, pieno - e da sola, senza coinquiline fidanzati amici o genitori ad aiutarmi, ho trasportato un peso gigante sempre più in alto. i gradini sembravano infiniti, altissimi. li ho lasciati dietro le spalle uno dopo l'altro; così farò con i miei giorni futuri e col mio non troppo metaforico peso.
ci sarà un arrivo, e magari sarà più confortevole di questo appartamentino vuoto e gelido. un arrivo tutto da immaginare, da costruire.
francamente spero solo di sopravvivere.

2 gennaio 2008

piccola e insignificante verità.

quello che vorrei nel 2008 è la verità.
non la Verità Assoluta fatta di asserzioni, punti fermi, certezze granitiche - nessuno qui ne ha bisogno - ma il coraggio di tirare fuori sé stessi. con le conseguenze e le responsabilità che questo comporta.
mentre leggo zadie smith sul treno per milano penso che più di ogni altra cosa mi piacerebbe che dalle mie azioni dalle mie scelte dai miei fallimenti emergesse con chiarezza ciò che mi rende
fallibilmente,
incompletamente,
odiosamente,
in definitiva ineluttabilmente,
me stessa.
sento che questo ciò senza forma e nome è più decisivo di tutti gli altri oggetti con una consistenza, di tutti i concetti con una definizione. e che non posso migliorarmi se non parto da questo piccolo e insignificante ciò, se non lo coltivo con l'orecchio teso sulle storie che mi racconta.

perchè se ho degli occhi, a cosa servono se guardo con quelli di qualcun altro?
perchè se ho un cervello, a cosa serve se ragiono con quello di qualcun altro?
perchè se ho un cuore, a cosa serve se sento con quello di qualcun altro?

il mio secondo desiderio per il 2008, e mi fermo qui perchè ieri abbiamo già stilato la nostra lista di buoni propositi, è che la verità emerga dalle mie parole. non mi interessa se verranno riciclate, ignorate, o calpestate dagli altri.
io non le tradirò, e in giorni di neve come questi saranno una coperta avvolta intorno alla mia piccola e insignificante verità.