27 febbraio 2008

whoo-ee!

io non so cosa salva te, in giorni come questi.

io ho questo.

please don't take a picture.

mentre enumeri nella tua testa i motivi per cui stamattina non c'è un cazzo da sorridere, fai due rapidi conti
fai rapidi due conti grazie a cui ti accorgi che giovedì prossimo non ci sarà nessuno a vedere i tunng con te
ti accorgi che non ci sarà nessuno a vedere i tunng con te, poi pensi che non sarà un problema andare da sola
pensi che non sarà un problema andare da sola, confermando a te stessa che la solitudine è comunque l'unico vestito che ti calza a pennello
è l'unico vestito che ti calza a pennello, anche perchè ultimamente i pantaloni che portavi con disinvoltura qualche mese fa ora sono impensabili
i pantaloni sono impensabili, ma questo fatto e le sue conseguenze sembrano interessare davvero solo te
questo sembra interessare davvero solo te, mentre le persone che conosci sono prese da mondi che non ti contemplano nemmeno lontanamente
le persone che conosci sono prese da mondi che non ti contemplano, tu lo sai che ciò è giusto nonchè auspicabile nonchè naturale
è giusto nonchè auspicabile nonchè naturale, per questo tiri su la zip del tuo migliore silenzio lasciando che il mondo viva tranquillo e ignaro di ciò che si muove dentro di te.

(abbiamo ripreso l'infinita saga dei post emo-vittimisti, ottimo.)

25 febbraio 2008

volevi prendere cinque trenta in un mese? che brava, ce l'hai fatta
cinque trenta panciuti e fieri, non sanno di essere inutili. non sanno di appartenere a una che non sa cosa farci, coi trenta per cui tutti si complimentano.
ma domani i trenta assumeranno un nuovo senso
domani inizierò a scrivere la tesina
domani deciderò chi voglio essere
domani sarò decisa dinamica interessante
domani sarò bellissima e assolutamente menefreghista
domani uscirò dal guscio
domani troverò qualcuno che parli la mia lingua e lo inviterò a prendere un tè con molto limone, insieme prenderemo in giro la gente alla tv, e balleremo con gli occhi chiusi scordandoci che non siamo niente se non quei domani e quei trenta che investiamo di ogni nostra speranza.
domani.

( tu sei oggi, anche quando parti e scompari dietro la nebbia anconetana. oggi. )

16 febbraio 2008

my earthly pleasures n° 4.

correre sul lungotevere, mentre l'ipod sputa fuori keep the car running. più forte che può.

perchè se la musica non c'entra con né le mode o antimodechediventanopiùfortidellemodestesse,
se la musica non ha a che fare con nient'altro che con il sentire con lo stomaco con noi,
allora capisco perchè, dopo quasi un anno dalla sua uscita, solo ora riesco ad ascoltare e a godere di neon bible.

(ovviamente non è che corro, il mio è più un passo saltellato misto a camminata sghemba. è che studiando nove ore al giorno avverto un bisogno abbastanza impellente di scaricarmi e di ossigenarmi, quindi chissenefrega. erano belli i tempi del liceo: corse, cyclette, nuoto e infinite ore di danza. ah!)



my other earthly pleasures, pochi ma buoni: 1 . 2 . 3

13 febbraio 2008

to the middle of nowhere, and on your way home.

ho pensato a come risolvere questo problema. ho pensato a come porre rimedio all'incapacità di parlare di me stessa in questi giorni.
non ho tempo. non ho voglia. e non c'è nulla di nuovo all'orizzonte, perchè fondamentalmente sto aspettando.
dopo un novembre e un dicembre intensi di spostamenti, conoscenze, concerti, mi sono sbattuti contro un gennaio e un febbraio (siamo a metà, ma già lo so) di attesa.
l'attesa è frustrante, dolorosa, spesso inutile. chevvelodigaffà.
altre volte, invece, è soprendentemente piacevole. non so chi diceva che attendere la felicità, così come ricordarla, è meglio della felicità in sè; io sottoscrivo. raramente mi accorgo di essere felice, sono le scie che i momenti inconsapevolmente felici mi lasciano dentro il vero tesoro. in mesi come questi bastardissimi gennaio e febbraio ti basta passare la serata guardando video su video e facendo smorfie inguardabili per stare bene; la cosa più importante e totale che ti lasciano attimi del genere è la consapevolezza di aver vicino qualcuno disposto a tenerti la mano mentre aspetti, ad aspettare con te nuovi attimi di libertà e possibilità. io non ho libertà e possibilità ora, tu sì, tu potresti fare ciò che vuoi. scegli di guardare video e fare smorfie con me: io non sapevo esistesse una cosa del genere, io non sapevo che sarebbe successa anche a me.

il tempo che avevo a dispozione è finito, e questo post era stato iniziato per parlare di alligator.
vabè. dico solo che alligator è il mio gennaio e il mio febbraio, la parte migliore. quella in cui mentre attendo mi sciolgo nella musica.

7 febbraio 2008

I own the crack that's in the wind.

ieri si è trattato di alzarsi all'alba, di ripassare, di mangiare un'insalata con troppo aceto insieme a matt costa, di andare a un esame alle quattro, di sostenere un esame alle sette, di cenare in compagnia e di guardare la prima puntata della quarta serie di lost mezza addormentata sul nuovo letto di simone.
oggi si è trattato semplicemente di godermi la quiete prima di una nuova tempesta, di un risveglio colorato da infiniti raggi di luce, di parlare con la nuova e adorabile coinquilina newyorkese di simone, di camminare per viale marconi col sole negli occhi, di non trovare nemmeno un vestito ma ben due libri, di provare a dormire ancora, di godermi una casa nuovamente silenziosa.
ieri e oggi si è trattato comunque di me, della mia vita. il mio corpo diventa un altro in poche ore, così come il mio rapporto col mondo, come la mia voglia di scrivere parlare ascoltare musica ridere amare.
non c'è, in tutto questo, alcuna stabilità. eppure, ancora, si tratta sempre di me.
la stabilità, mi dico, non è propria del mio modo di essere. vedo persone riconoscersi ogni giorno uguali a sè stesse, e ammiro il loro equilibrio: io non riesco nemmeno a camminare nello stesso modo, di giorno in giorno.
è il cambiamento la mia stabilità, e non devi andare troppo lontano per accorgertene. se oggi su viale marconi amavo la velocità del mio passo senza fretta nè indugi, era perchè ieri camminando verso l'università faticavo a controllare i piedi e sentivo un peso ancorato ai muscoli. tipo la palla al piede dei carcerati. la mia certezza è che nulla di ciò che sono ora durerà, che niente è destinato a conservarsi, ma muterà molto presto in qualcosa che ancora non conosco. il dolore di ieri è scomparso, ora ha lasciato spazio a un benessera che è altrettanto precario..e va bene così.
mia mamma direbbe che sto solo crescendo. che ci scrivi un post a fare, stai solo crescendo.

sto solo crescendo.

4 febbraio 2008

be forgiven by the time my lover comes.

a tutti piace essere sorpresi, in un modo o nell'altro. regali, promozioni, vincite.
tutti, per contro, detestano la delusione. non credo di essere l'unica a cui, fin troppo spesso, viene sbattuta una metaforica ma sonora porta in faccia. in effetti ho smesso da un po' di sentirmi unica, da un po' ho iniziato a convincermi che non ho niente di più delle stesse persone che mi deludono ogni giorno. dentro gli spietati ingranaggi di un infinito circolo vizioso succede che a volte deludiamo e a volte siamo delusi: ad alimentare questa catena c'è forse l'incapacità di applicare a noi stessi lo stesso rigoroso sistema morale che usiamo per gli altri. forse.
neanche per un attimo salgo sul pulpito, io che per prima analizzo ogni singola frase e giudico ogni minima azione. flessibile solo quando sono io quella da assolvere, quando sono gli altri ad essere delusi da me.
guardandomi dentro scorgo chiaramente una parte di me che vive del bisogno di sentirsi ferita e oltraggiata: a quella parte fa comodo avercela con una persona che ha sofferto per un'azione di cui sono stata complice. facendo parlare, strillare, quella parte posso mettere a tacere il mio errore.
forse succede a tutti: un po' masochisticamente ce ne stiamo lì ad aspettare di saldare il debito che abbiamo verso chi abbiamo fatto soffrire, soffrendo a nostra volta.
ora, per una volta, sto provando a intraprendere una strada diversa per ristabilire gli equilibri. vado avanti alla cieca, guidata da una sola certezza: perdonare un'estranea non sarebbe così difficile, se riuscissi a perdonare prima me stessa.