17 marzo 2008

so crack my skull, rearrange me.




quando condivisione è solo un'etichetta più accettabile per definire la (a volte buffa, a volte solo patetica)
ricerca di attenzione da parte di un ego insicuro e traballante
,
la scelta più sensata è quella di sospendere le comunicazioni.
amo troppo le parole, per sprecarle così.

12 marzo 2008

ieri ho provato a cercare serenità in un'altra serenità, non l'ho rubata di soppiatto ma ho chiesto il permesso immergermi nel suo mare fresco come quello di lefkada a giugno. ho fatto tuffi e immersioni, ho persino fatto il morto qualche minuto, e lei in silenzio mi ha lasciata fare. come dal mare di lefkada a giugno ne sono uscita resuscitata, anche solo per un po'.




instead of seeking new landscapes,
develop new eyes: è quello che farò. è quello che sto provando a fare.

11 marzo 2008

here comes another one.

faster than before
faster than the one we saw before
le piccole cose.
nel mio personale sistema filosofico i minuscoli momenti che costellano ogni giornata sono, beh, sono più o meno tutto. raccolgo nella tasca interna della borsa i sorrisi delle vecchiette sull'autobus, i colori delle penne disposte ordinatamente in cartoleria, il profumo del bucato quando mi riesce bene. non è niente di nuovo per te, lo so, tutti ci aggrappiamo disperatamente ai piaceri infinitesimali che ci vengono concessi. per tre giorni non ho fatto altro che raccogliere frammenti in giro, ho raccolto:
il primo bacio alla stazione
il primo sguardo che ci scambiamo la mattina
il primo morso di carrot cake
il camminare senza meta
il sapore del risotto col pesce persico
una t-shirt che tardava ad arrivare
tutti gli scherzi
la leggerezza profonda con cui i tunng mi hanno presa per mano
eccetera eccetera (lo tengo per me)

la mia borsa era piena da scoppiare: ero pronta per tornare qui, lo ero davvero.
poi le piccole cose si sono rivoltate contro di me. sapessi quanto poco c'è voluto, sapessi quanto minuscoli erano questi frammenti che mi si sono conficcati nella testa impedendomi di pensare e sentire.
è così; le piccole cose ti salvano, le piccole cose ti distruggono. non farci troppo affidamento, se sei una persona un po' instabile un po' lunatica un po' facile al crollo.
poco fa al supermercato, tra il banco dei surgelati e quello dei detersivi, ho decretato che fosse giunto il momento di riprendere a respirare dopo una manciata di ore di apnea e completa confusione. ho riacquisito sufficente consapevolezza per capire che stavo lasciando che qualcos'altro decidesse per me, che qualcun'altro avesse talmente potere da condizionare il mio sonno e il mio risveglio. ora sono qui, con tante cose da fare e un cielo odiosamente indeciso fuori dalla finestra. mi ruota attorno un malessere senza nome, e le piccole cose da cui mi sento perseguitata sono solo un modo per definirlo e così accettarlo. non sono niente, sono tutto.
questo è uno di quei giorni in cui mi sento talmente vulnerabile che penso che l'unico modo che ho per non pensare è buttarmi dentro alla lavatrice.

2 marzo 2008




my
bloody
constant

I stopped tryin' to write the things I don't like, and I started goin' back to where I'd been before.

avvertenza: non vale la pena di leggere questo post, dopo la saga emo è arrivata la pippa nostalgica.

due film sono stati il prologo e l'epilogo dei miei dieci giorni ad ancona: dopo il trenta e lode a linguistica, sull'eurostar delle 15.40, c'è stato atonement. stamattina, dopo la bufera, ho acceso juno per spegnere i pensieri. in mezzo c'è un gran caos, il caos che io in persona rappresento nella totale mancanza di decisione, di forza, di coraggio. il caos di legami slacciati, di equilibri precari, di evitabilissime cadute. il caos che segue la perdita delle certezze.
ho perso alcune certezze, questi dieci giorni, e come diretta conseguenza ne ho acquisita una: ancona si è definitivamente spogliata del significato che aveva fino a un'imprecisata quantità di tempo fa. la mia città natale ha assunto una connotazione nuova, incerta in tutto tranne nel suo essere diversa rispetto a prima; dovrei linkarti un post sul mio vecchio blog per farti capire cos'era per me quella piccola e umida cittadina sul mar adriatico, per farti capire cosa non è più.
"c'è un luogo da cui tornare è questo l'Arrivo, casa mia. per quanto ardentemente io desideri lasciarla poi una forza mi ci riaccompagna, ed è bello avere un porto sicuro dove so di poter ritrovare il calore perso per strada."
faccio coi posti ciò che faccio con le canzoni i colori e col mio corpo, ciò che non ho mai fatto con gli oggetti: li riempio di significati, di ricordi, di associazioni. è per questo che dopo la bufera emotiva, dopo il viaggio in treno con juno, ho avvertito il bisogno febbrile di raggiungere un luogo in particolare.

ho abitato in via andrea doria per due anni fino allo scorso settembre e, a parte un paio sere insieme ad amici, non ero più tornata in quella zona di roma così lontana - in tutti i sensi - da dove vivo ora.via andrea doria, e tutte le strade che vi si snodano attorno fino al tevere, sono ora per me dei luoghi tutt'altro che fisici che ho cercato di ripercorrere con una logica tutta mia. ho preso il 23 fino a via leone IV, poi ho girato a sinistra e ho iniziato a camminare tra i banchi del mercato. sai che i lavori per il nuovo mercato coperto sono andati avanti in modo spaventoso? siamo stati fortunati a essere stati lì con quell'umanità brulicante sotto casa ogni mattina, con i venditori che ti strillano in romanaccio il prezzo delle zucchine ma non ti risparmiano mai mai mai il sorriso, con le casse di verdura intorno a cui fare lo slalom. ho passato il banco dove io e cate compravamo sempre i pomodori, io verdi e lei ipermaturi, poi quello della signora fulvia (che ormai dopo la convalescenza sarà di nuovo a dispensare mele e chicchiere) che occupava stabilmente la prima posizione nella categoria "frutta estiva". il forno della pizza bianca, il cinema dall'altra parte della strada: quando mi ricapita di poter decidere con un anticipo di cinque minuti quale film vedere sul grande schermo? dopo un paio di passi ho raggiunto l'arco e il numero 64, ma mi sono fermata solo qualche minuto, il tempo di guardare i bambini giocare a pallone insieme ai papà nel cortile di via pomponazzi (niente da fare, il grassottello dispotico non manca mai).
la birreria sempre aperta, te la ricordi? è ancora là, dove l'abbiamo lasciata.
millenium era pieno di persone, la prima domenica di primavera romana richiede necessariamente un gelato. la notte in cui l'italia ha vinto la coppa del mondo io e arianna eravamo lì a festeggiare con la nostra coppa personale. quante cene a base di gelato da due euro e mezzo davanti a un telefilm random insieme a cate e davanti a un film un po' meno random con simone?
via candia ha un sacco di nuovi negozi, volevo entrare nell'oviesse in cui io e ari passavamo ore a provarci i vestiti più brutti che trovavamo ma la stanno ristrutturando. ovviamente mentre camminavo ho visto passare ben due autobus 492, quando mi serviva potevo aspettarlo anche un'ora seduta sul marciapiede senza vederlo comparire. l'internet point di viale giulio cesare dove abbiamo deciso di andare in irlanda, la feltrinelli dove pochi minuti dopo abbiamo comprato la lonely planet.
via ottaviano, piazza risorgimento, via crescenzio. piazza cavour: il cinema e la gradinata, "qualcuno sa perchè".
con gli occhi bassi sono risalita sull'autobus che, risalendo il tevere verso sud, mi ha riaccompagnato nel presente.
la densità emotiva dei luoghi che abitiamo aumenta e diminuisce di giorno in giorno senza che ce ne rendiamo conto: lo capisco mentre mi allontano da ancona con la smania di tornare nell'unico posto dove sto provando a costruire qualcosa, senza chiedermi quando tornerò. lo capisco mentre mi allontano da prati con la voglia di tornarci con te, magari un sera di maggio per mangiarci una grattachecca.
dopo un giorno sono qui, tra l'odore dei broccoli di teodora e lo scroscio della doccia di marianna, senza aspettare niente. in questo appartamento piccolo e rumoroso
non cerco un posto dove tornare, mi basta un posto dove stare.