12 agosto 2007

she wants nothing but to wake.


ho fatto un incubo stanotte.
peggiore di quelli in cui torno a fare scout in mezzo a visi che mi scrutano indifferenti, peggiore di quelli in cui mi presento impreparata a un esame, peggiore di quelli in cui visi del passato fanno capolino nei modi più assurdi e dolorosi.
persa dentro una metropoli piena di polvere e autobus sfreccianti, ma non so come mi torna in mente anche una casa sperduta tra le montagne, noi due ci separavamo a una velocità inarrestabile. non mi era dato capire perchè, sentivo solo la paura mischiata nelle ossa alla sensazione che finalmente anche lui mi aveva lasciato libera di navigare nella perdita.
navigare nella perdita è facile come nuotare e ridere. è un piacere sottile quello in cui si impara gradualmente a vivere nei ricordi, a sentirsi forti delle cattiverie sparate come proiettili sul petto, a contare nel calendario quanti sono i mesi, gli anni, che ti separano dal giorno in cui ti hanno fatto lo sgambetto definitivo.
capiamoci: io odio l'idea di perdere chi amo, come tutti. il pensiero di perdere il mio ragazzo in sogno mi ha fatto svegliare ancora peggio di come mi ero addormentata.
nei miei miseri vent'anni mi è capitato di perdere, irrimediabilmente, qualcuno. come reazione a volte ho tentato disperatamente di impedire l'allontanamento, altre volte l'ho favorito rifugiandomi in silenzi forzati e situazioni imbarazzanti. ho detto troppo, non ho agito correttamente, non sono stata abbastanza; che poi conta davvero il troppo e l'abbastanza quando il finale è comunque amaro?
conosco la perdita come si potrebbe conoscere la propria città natale; le sue strade le percorro ad occhi chiusi, non ho paura di attraversarla da sola nel buio, la odio e l'amo nel volerla lasciare ma nell'aver paura di quello che c'è fuori. mi culla la familiarità che ho con questo tipo di dolore capace di legittimarmi subdolamente a blindarmi in una roccaforte alta e inespugnabile e ad avere paura degli altri come nemico indistinto.
io / gli altri. in mezzo niente.
manca qualcosa, lo so, manca nelle mie giornate introverse come nei miei viaggi solitari, manca nei racconti fatti a una casa vuota come nell'inesistenza di un presente concreto. spaventata dal dopo e arrabbiata col prima.
fin qui tutto chiaro, ma poi come va la storia? non ho risposte stamattina, nè tantomeno spiegazioni razionali e ottimamente costruite per dare un senso superiore a questa condizione. è così perchè sono speciale, sì, perchè la solitudine mi rende unica e mi eleva a una condizione di maggiore consapevolezza di me stessa nonchè del mondo intero: orribili cazzate che mi rifiuto di accettare, per quanto confortanti,
non ho un seguito stamattina, se non quello in cui certe dinamiche si ripeteranno all'infinito, costruiranno mura sempre più alte alla mia roccaforte e questa salirà così in alto da finire nascosta dalle nuvole. titoli di coda.

Nessun commento: