12 luglio 2007

naif.


Corrente pittorica basata sull'esecuzione elementare, semplice e in modo fiabesco di scene di vita quotidiana, con un ricco accostamento di colori, usati generalmente puri.

un giorno a scuola, era con la professoressa di inglese o forse di italiano, ho usato questo aggettivo per descrivere diego. lui non sapeva cosa significasse in sè, nè tantomeno cosa significasse per me, ma la professoressa mi diede ragione sorridendo e lui non se la prese troppo. è un altro l'aggettivo che ci ha fatto da muro, non era ancora tempo per dare troppa importanza alle parole.

oggi ho usato di nuovo questo aggettivo con lei, mentre la osservavo scrivere il suo nome su diciotto magliette colorate. non se l'è presa neanche lei; ha continuato nel suo lavoro, proferendo giusto un commento poco fine ma adeguato. dei suoi, insomma.
il disegno più semplice del mondo: case rosse dal tetto a punta, con due finestre tonde e un albero a pochi metri, di quelle che disegnavo da piccola. col tempo si impara a colorare meglio, a usare sfumature e ombre: una bambina cresce e le case col tetto a punta non le disegna più, un'altra conserva il suo personale e inconsapevole stile naif.
più di qualsiasi tonalità ricercata e pretenziosa in cui mi sia mai imbattuta, sono le sue tinte decise che mi illuminano gli occhi. colori come pensieri netti, sinceri, puri ed entusiasti. guardo dentro il suo disegno e - come mai mi succede - vedo ciò che mi manca, trovo spazio per farmi domande, mi sento in grado di uscire un po' dal bordo.

si fa presto a rimediare le sbavature o a lasciarle lì a imbrattare il foglio bianco, che magari non se ne accorge nessuno.

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