13 maggio 2008

hope they're staying glued together, I've arms for them.


una corsa in taxi sull'appia antica come prologo e epilogo dei nostri tre giorni a madrid, con le stesse due mani che si stringevano e gli stessi occhi che guardavano fuori l'incanto di uno dei luoghi più belli di roma.
in mezzo c'è una storia troppo difficile da raccontare: parla di tre amici che si ritrovano dopo un lungo periodo di silenzio senza spiegazioni, ma ancora di più di tre persone in cammino. mentre imparano a conoscersi di nuovo, i tre amici si accorgono di essere cresciuti di un paio di tacche e, anche se a soli ventun'anni non sanno un bel niente della vita, hanno la presunzione di essere molto migliori del resto del mondo e di sè stessi qualche anno fa. a ventun'anni è lecito, e loro lo sanno. mentre una madrid dal fascino stupefacente li tiene stretti in un abbraccio materno, ognuno dei tre amici racconta storie, dipinge volti, canta canzoni che conducono gli altri un passettino in più dentro la sua vita di adesso, nella speranza che tanto basti per colmare la distanza accumulata.
ho osservato i miei due amici camminare tra i corridoi della stazione di atocha, ho provato a fotografarli mentre riannodavamo meglio che potevano i lacci della loro intimità e mi sono rimaste delle foto mosse di cui solo io colgo l'intensità. ho riso con i miei due amici fino a che le lacrime non mi hanno bruciato le guance insieme al sole del parque del buen retiro, ho riso di battute vecchie e nuove senza il minimo pensiero scuro per la testa. ho salutato i miei due amici davanti alla stazione alto de extremadura, sapendo che tra due mesi torneranno dai loro erasmus con le valigie pesanti di ricordi e i sorrisi già nostalgici.
lasciando che un pezzo di me rimanga con lui a madrid, e un altro la segua a parigi.

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