8 giugno 2008

another uninnocent, elegant fall into the unmagnificent lives of adults.

ero pronta a scrivere della serata di venerdì con laura, di come tutto sembri perfetto mentre si sta da soli su un notturno preso al contrario, mentre si attraversa la città con la mente traboccante e vuota allo stesso tempo. miracolosamente.
pronta. poi è arrivata una telefonata, e da quei cinque secondi di nokia tune in poi mi è sembrato di non sentire nulla. pronta non lo sono più.
non ho mai creduto che la mia famiglia fosse perfetta, pago ogni giorno il prezzo di questa consapevolezza nel constatare che questo è l'unico ambito in cui sono immune da idealizzazioni o speranze di miglioramento. quando mio padre, nei lunghi tragitti in macchina tra le campagne marchigiane, ha iniziato a responsabilizzarmi sull'imperfezione che rappresentiamo noi cinque e tutto il mondo di legami di sangue ci circonda probabilmente ancora non ero in grado di toccare terra coi piedi. seduta sul sedile con le gambe a penzoloni lo ascoltavo intrecciare racconti i cui protagonisti mi erano fin troppo conosciuti: nessuna principessa nessun tesoro e nessun drago, ammesso e non concesso che mia nonna non si possa definire il drago di questa storia infinita. ho imparato presto le fragilità degli adulti attraverso gli errori di una madre verso cui sono sempre stata ipercritica e le debolezze di un padre verso cui sono sempre stata iperprotettiva, in questo non ho avuto scelta perchè loro hanno deciso per me. i miei genitori - più o meno consciamente - hanno rinunciato ad essere entità incrollabili agli occhi di una bambina di una ragazzina di una ragazza, per mostrarmi sin dall'inizio la verità nascosta dietro a un ben confezionato quadretto: la bontà di mio padre e la tenacia di mia madre, che bella casa che bel cane quante risate, i libri i film i viaggi i discorsi di sinistra. non è l'amore che mi è mancato, in fondo niente mi è mancato se non la possibilità di rimanere fuori da dinamiche che non dovevano appartenermi. mi hanno trascinato dentro e il prezzo è stato crescere, solo e soltanto sotto certi aspetti, a una velocità inconsueta per una bambina per una ragazzina per una ragazza. il prezzo è stato farmi carico di vicende a cui potevo solo assistere, che mai e poi mai avrei potuto cambiare.

a un certo punto della storia, però, devo essermi persa qualcosa. dev'esserci senz'altro qualcosa che mi sono persa se a tredici anni ero tenuta a sapere tutto, mentre a ventuno quello che merito sono messinscene agghiaccianti e bugie poco credibili. d'un tratto devo essere diventata troppo piccola e troppo fragile, proprio ora che combatto per crescere davvero e fortificarmi davvero.
ora, a ventun'anni molto più che a tredici, non so cosa dire cosa pensare e cosa provare..perchè non so cosa essere. una bambina si dispererebbe per l'accaduto e prenderebbe il treno per ancona. un'adulta se ne laverebbe le mani con freddezza e continuerebbe a costruire la sua vita il più lontano possibile da lì.
e io?

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